Gelateria

venerdì 19 ottobre 2012

NOVITA' DEL MESE: GELATO AL MELOGRANO


 Melograno, proprietà e benefici

Il melograno è un frutto tipico della stagione autunnale: la sua forma, molto similare a quella di una mela rossa, contiene un'infinità di granelli dal sapore dolce e dal retrogusto aspro.
Questo prodotto della natura viene definito anche "frutto della medicina", vista la quantità di sostanze benefiche per il nostro organismo di cui è pieno: vitamine, fibre, zuccheri, flavonoidi, antiossidanti, oltre a molti principi attivi.
Questo frutto ha proprietà vermifughe: è utilissimo, infatti, contro il problema del verme solitario, un fastidio piuttosto acuto nell'uomo. Il melograno, però, contiene anche degli acidi, come l'acido ellagico (o tannino), che permette di contrastare l'insorgenza della diarrea.
Secondo studi recentemente condotti, sembrerebbe che il succo che se ne deriva sarebbe in grado di proteggere il cuore contro la formazione di placche aterosclerotiche e di alleviare i disturbi legati alla menopausa, come l'osteoporosi, l'artrite e la depressione.
Oltre ad essere efficare contro l'insorgenza dei tumori, il melograno riesce ad erigere una barriera protettiva contro l'Alzheimer, attaccando le proteine nocive.
L'apporto calorico? Davvero minimo: per ogni 100 grammi di grani si acquisiscono solamente 63 calorie.



                                                   Storia del Melograno e curiosità

Poche piante possono vantare un numero di miti e leggende simile a quello che si può associare al Melograno. Raffigurato fin dal terzo millennio avanti Cristo in numerose tombe egizie questo splendido arbusto attraversa praticamente tutte le culture del Mondo antico, comparendo in riti, racconti, simboli, sogni e tradizioni spesso legati alla sensualità.
Pianta antichissima (risalente al Pliocene) e originaria dell’Asia centro-occidentale (cresce spontanea in Afghanistane in Iran) il Melograno ha sempre affascinato l’uomo fin dall’antichità: frutti autentici per il “viaggio” di Ramsete IV trovati nella sua camera sepolcrale, pianta sacra e afrodisiaca per i Fenici il Melograno compare spesso anche nel Vecchio Testamento (soprattutto nel Cantico dei Cantici) e secondo alcune tradizioni sarebbe addirittura una melagrana il pomo offerto da Eva ad Adamo così come sarebbe una melagrana il Pomo della discordia secondo alcuni studiosi della mitologia degli antichi Greci che credevano anche, quest’ultimi, che a piantare il Melograno nell’isola di Cipro fosse stata nientemeno che Afrodite.
 Nell'Antico Egitto invece si utilizzavano i frutti anche nelle cerimonie funebri, tanto che appaiono testimonianze nelle pitture all'interno di tombe risalenti a 2500 anni fa, compresa la tomba del potente faraone Ramses IV.
Nella mitologia greca la melagrana è il "cibo dei morti" e Kore, figlia di Demetra, Dea dell'agricoltura, fu condannata a divenire la custode dell'Oltretomba, con il nome di Per-efone, per averne mangiato alcuni grani.
Ne emerge quindi un significato di dualità: fertilità, fratellanza e unità (simboleggiata dai tanti chicchi racchiusi in un unico frutto) ma anche simbolo di ombra e di morte.
Nel "linguaggio dei fiori" comunque prevale il significato positivo, di abbondanza e di amore ardente per il colore acceso delle infiorescenza. Ancora oggi, in alcune culture dell'est Europa, la tradizione vuole che il novello sposo trasferisca un melograno dal giardino del suocero nel suo come augurio di prole numerosa; le spose turche invece scagliano a terra un frutto maturo al termine della cerimonia e il numero di grani fuoriu-sciti indicherà quanti saranno i loro figli.
Era, la regina degli dei , nella sua accezione di dea madre, Arodite, che secondo la leggenda aveva piantato per la prima volta l'albero nell'isola di Cipro a lei sacra. Demetra dea della fecondità della terra. Come simbolo di abbondanza e di fertilità compare in un gran numero di rappresentazioni delle dee citate come ex voto in numerosi santuari, soprattutto dell'Italia meridionale e della Sicilia.
Il frutto era rappresentato in mano alla statua dell'Era di Argo e come attributo della cosiddetta Dea del melograno, scultura arcaica di una divinità femminile.Piccole melegrane di terracotta erano collocate nelle nelle sepolture nell'area della Magna Grecia.
La pianta era nata secondo alcune tradizioni dal sangue di Dioniso.Ma il più antico mito della Grecia che lo riguarda è quello che lo associa ad Orione, che era la più grande e luminosa costellazione e che si diceva fosse un’enorme γίγας (figura gigantesca), figlio della terra e famosissimo per la sua bellezza. Si narra che avesse sposato Side, ma che non fosse stato fortunato nella scelta, poiché lei era così vanitosa da credere di essere più bella anche di Era, la dea per questo la punì scaraventandola nell’Ade, ove si trasformò in melograno. Durante le feste in onore della dea Demetra, le θεσμοφόρια (Thesmophoria), le ateniesi mangiavano i semi luccicanti del frutto per conquistare la fertilità e la prosperità, mentre i sacerdoti erano incoronati con rami di melograno, ma non potevano mangiarne il frutto in quanto, come simbolo di fertilità, aveva la proprietà di far scendere l’anima nella carne

lunedì 15 ottobre 2012

PISTACCHIO: DOLCE E SALATO

Questa settimana vi proponiamo una nuova versione del nostro pistacchio con l'aggiunta di granella salata che crea un effetto dolce/salato che delizierà il vostro palato.


Breve storia del Pistacchio

Il pistacchio (dal greco Pistàkion) è una pianta originaria del bacino Mediterraneo (Persia, Turchia), coltivata per i semi, utilizzati per il consumo diretto, in pasticceria e per aromatizzare gli insaccati di carne.
Non è esagerato dire che è una pianta vecchia tanto quanto il mondo.
Era noto e coltivato, infatti, dagli antichi ebrei e già allora ritenuto un frutto prezioso.
Per curiosità cronologica riscontriamo per la prima volta la parola “pistacchio” nell’Antico Testamento.

Assieme ad altre piante allora molto apprezzate, il pistacchio è riportato nell’obelisco, monumento celebrativo, fatto innalzare da Assurbanipal I° (re dell’Assiria, attorno al 668-626 a.C.), nella città di Kolach.
Ma era già noto alle popolazioni orientali: Babilonesi, Assiri, Giordani, Greci sin dal III secolo a. C. come pianta dai principi curativi, potente afrodisiaco e come antidoto contro i morsi degli animali velenosi, chiamato secondo alcuni “fostak” o “fostok” e derivante secondo altri dal persiano “fistij”.




 

Pistacchi: principali nutrienti

I pistacchi sono molto energetici ed hanno un alto contenuto calorico (circa 600 calorie per 100 grammi), vanno perciò consumati con moderazione soprattutto per chi ha problemi di ipertensione, diabete o obesità, anche perché sono spesso commercializzati dopo salatura.
Il contenuto lipidico è prevalentemente costituito da grassi mono e polinsaturi, perciò grassi “buoni”.
Nei pistacchi, rispetto ad altri semi oleosi, sono presenti maggiori quantità di sostanze antiossidanti: luteina, beta-carotene e tocoferoli.
Prezioso anche l'apporto di sali minerali (fosforo, calcio, potassio e ferro) e vitamine (E, B1 e B6).

Pistacchi: proprietà

In quanto molto energetici, i pistacchi sono ottimi per integrare la dieta dei bambini o di chi pratica sport.
L'assunzione regolare di pistacchi aiuta a tenere sotto controllo il livello di colesterolo nel sangue e a prevenire disturbi cardiovascolari.
Gli antiossidanti naturali di cui sono ricchi questi frutti contribuiscono a mantenere in salute pelle e occhi.
Nella medicina popolare tanto praticata dai nostri avi il pistacchio è stato usato contro mal di denti e disturbi al fegato.
Le proprietà curative e nutrizionali del pistacchio sono conosciute dall'antichità e questo prezioso seme è stato uno dei primi spuntini dell'uomo.




giovedì 11 ottobre 2012

GUSTO DEL MESE: UVA ROSSA








Questo mese proponiamo il gelato all'uva rossa, proseguendo la nostra filosofia del KM Zero, ovvero usare (dove possibile) prodotti della zona (riducendo così lo spostamento di mezzi e la conseguente emissione di gas di scarico nell'aria e valorizzando i prodotti delle aziende locali); protagonista del mese un'UVA rossa (Sangiovese) delle colline di Predappio.



                                                            SANGIOVESE: Breve storia 



Citazione:  "Il Sangiovese sta all’Italia come il Cabernet sta alla Francia: sono vini che esprimono un’identità viticola e vinicola di un Paese”. (Giacomo Tachis) 

Gli ampelografi ritengono che il luogo d'origine del Sangiovese sia la zona Appenninica tra Toscana e Romagna, zone dove ancora oggi rappresenta l'uva a bacca rossa più importante.  
 L'origine e la provenienza del Sangiovese è molto difficile da identificare: le notizie su uno dei vitigni più conosciuti e coltivati in Italia sono molto frammentarie e poco attendibili. Per ottenere delle informazioni bisogna innanzitutto attendere il XVI secolo, quando il Soderini, nel 1590, lo descrive nel suo trattato "La coltivazione delle viti" dicendo che: "il Sangiocheto o Sangioveto è un vitigno rimarchevole per la sua produttività regolare".
Ma si ritiene che la celebre uva fosse già nota più di 2000 anni fa e che fosse utilizzata dagli Etruschi per la produzione di vino.
Anche l'origine del nome è incerta e le ipotesi sono molteplici: chi vuole che derivi da San Giovanni, chi invece da forme dialettali (da "san giovannina", uva primaticcia, dato il suo precoce germogliamento), chi giura che derivi da sangue di Giove (Sanguis Jovis).
Diffuso soprattutto in Toscana, dove assume diversi nomi (Brunello a Montalcino, Prugnolo a Montepulciano, Morellino nel Grossetano, Sangioveto nel Chianti) il Sangiovese ha trovato la sua seconda patria nella Romagna. 




                                                           L'UVA E LA LETTERATURA

Fin dall’antichità il vino si carica di significati allegorici e diviene oggetto di culto.
Molti sono i manoscritti che direttamente o indirettamente ci forniscono prove di un radicato culto del vino legato a divinità tra le quali spicca Bacco, il Dio del vino per eccellenza.
Nella tradizione orientale, Sumerica in modo particolare, la pianta della vite viene descritta come albero della vita ed il vino è simbolo della gioventù e di vita eterna.
Vari poeti latini esaltano il vino nelle loro liriche. Orazio, in particolare, nei suoi Carmina esalta il dio Bacco come colui che è in grado di confortare nei momenti tristi e difficili, compagno unico e insostituibile per l'uomo.
Ovidio e Tibullo considerano il vino non solo un potente afrodisiaco, ma anche ottimo ispiratore per la poesia amorosa, consolatore delle pene d'amore. Ovidio, nella sua Ars amatoria, afferma che "Il vino dispone l'animo all'amore e lo rende pronto alla passione" e "Venere col vino è fuoco aggiunto al fuoco". Tibullo, invece, ultilizza il vino per cacciare gli affanni d'amore, anche se con scarso successo (Elegie, I, 5, 37 - 40).
Gaio Valerio Catullo, nativo di Sirmione, aveva apprezzato già nella terra natia i sapori del vino, che viene orrendamente mescolato all'acqua nella capitale, secondo una moda del tempo che ne viola i sapori e la genuinità. Nel carme 27 delle sue Nugae invita un coppiere a versare un calice di Falerno e "tu via, dove vuoi, vattene, acqua rovina del vino; con gli astemi va a stare. Questo è puro Bacco".
Celebre è la favola metaforica di Esopo La volpe e l'uva.
 



 

Una volpe, dopo aver sognato di raggiungere un grappolo d'uva, si sveglia accorgendosi che quel grappolo esiste davvero. L'animale affamato tenta con grandi balzi di staccare il grappolo ma ogni sforzo è vano. Constatando di non poterla raggiungere, esclama: "tanto è ancora acerba!"
È facile disprezzare quello che non si può ottenere.