Gelateria

giovedì 11 ottobre 2012

GUSTO DEL MESE: UVA ROSSA








Questo mese proponiamo il gelato all'uva rossa, proseguendo la nostra filosofia del KM Zero, ovvero usare (dove possibile) prodotti della zona (riducendo così lo spostamento di mezzi e la conseguente emissione di gas di scarico nell'aria e valorizzando i prodotti delle aziende locali); protagonista del mese un'UVA rossa (Sangiovese) delle colline di Predappio.



                                                            SANGIOVESE: Breve storia 



Citazione:  "Il Sangiovese sta all’Italia come il Cabernet sta alla Francia: sono vini che esprimono un’identità viticola e vinicola di un Paese”. (Giacomo Tachis) 

Gli ampelografi ritengono che il luogo d'origine del Sangiovese sia la zona Appenninica tra Toscana e Romagna, zone dove ancora oggi rappresenta l'uva a bacca rossa più importante.  
 L'origine e la provenienza del Sangiovese è molto difficile da identificare: le notizie su uno dei vitigni più conosciuti e coltivati in Italia sono molto frammentarie e poco attendibili. Per ottenere delle informazioni bisogna innanzitutto attendere il XVI secolo, quando il Soderini, nel 1590, lo descrive nel suo trattato "La coltivazione delle viti" dicendo che: "il Sangiocheto o Sangioveto è un vitigno rimarchevole per la sua produttività regolare".
Ma si ritiene che la celebre uva fosse già nota più di 2000 anni fa e che fosse utilizzata dagli Etruschi per la produzione di vino.
Anche l'origine del nome è incerta e le ipotesi sono molteplici: chi vuole che derivi da San Giovanni, chi invece da forme dialettali (da "san giovannina", uva primaticcia, dato il suo precoce germogliamento), chi giura che derivi da sangue di Giove (Sanguis Jovis).
Diffuso soprattutto in Toscana, dove assume diversi nomi (Brunello a Montalcino, Prugnolo a Montepulciano, Morellino nel Grossetano, Sangioveto nel Chianti) il Sangiovese ha trovato la sua seconda patria nella Romagna. 




                                                           L'UVA E LA LETTERATURA

Fin dall’antichità il vino si carica di significati allegorici e diviene oggetto di culto.
Molti sono i manoscritti che direttamente o indirettamente ci forniscono prove di un radicato culto del vino legato a divinità tra le quali spicca Bacco, il Dio del vino per eccellenza.
Nella tradizione orientale, Sumerica in modo particolare, la pianta della vite viene descritta come albero della vita ed il vino è simbolo della gioventù e di vita eterna.
Vari poeti latini esaltano il vino nelle loro liriche. Orazio, in particolare, nei suoi Carmina esalta il dio Bacco come colui che è in grado di confortare nei momenti tristi e difficili, compagno unico e insostituibile per l'uomo.
Ovidio e Tibullo considerano il vino non solo un potente afrodisiaco, ma anche ottimo ispiratore per la poesia amorosa, consolatore delle pene d'amore. Ovidio, nella sua Ars amatoria, afferma che "Il vino dispone l'animo all'amore e lo rende pronto alla passione" e "Venere col vino è fuoco aggiunto al fuoco". Tibullo, invece, ultilizza il vino per cacciare gli affanni d'amore, anche se con scarso successo (Elegie, I, 5, 37 - 40).
Gaio Valerio Catullo, nativo di Sirmione, aveva apprezzato già nella terra natia i sapori del vino, che viene orrendamente mescolato all'acqua nella capitale, secondo una moda del tempo che ne viola i sapori e la genuinità. Nel carme 27 delle sue Nugae invita un coppiere a versare un calice di Falerno e "tu via, dove vuoi, vattene, acqua rovina del vino; con gli astemi va a stare. Questo è puro Bacco".
Celebre è la favola metaforica di Esopo La volpe e l'uva.
 



 

Una volpe, dopo aver sognato di raggiungere un grappolo d'uva, si sveglia accorgendosi che quel grappolo esiste davvero. L'animale affamato tenta con grandi balzi di staccare il grappolo ma ogni sforzo è vano. Constatando di non poterla raggiungere, esclama: "tanto è ancora acerba!"
È facile disprezzare quello che non si può ottenere.

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